lunedì, 26 nov 2012
L'agenzia immobiliare si paga anche a mandato scaduto

 Il contratto di compravendita di un immobile difficilmente si conclude con il semplice e immediato incontro delle volontà del venditore e dell'acquirente. È quasi sempre il cosiddetto "agente immobiliare" a mettere in contatto il venditore e il compratore. È il mediatore, in altre parole, che consente di portare a termine la conclusione dell'affare.

 
La legge non fornisce una descrizione del contratto di mediazione, ma definisce il mediatore come colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza (articolo 1754 Codice civile). Gli elementi che caratterizzano la figura del mediatore sono dunque l'indipendenza e l'autonomia dalle parti contraenti: non si può parlare di mediazione se chi opera è portatore dell'interesse di una delle parti. Neppure può qualificarsi mediatore colui che è legato a una delle parti da un rapporto di collaborazione, mancando il requisito della imparzialità. Egli deve perseguire gli interessi di entrambe le parti in pari misura, senza tutelare l'una più dell'altra e senza nascondere le circostanze rilevanti ai fini della conclusione dell'affare.
 
Dalla serietà e dalla professionalità del mediatore dipende spesso il buon esito della compravendita. Da qui l'esigenza di una regolamentazione severa dell'esercizio dell'attività di mediatore immobiliare, soddisfatta dalla legge n.39/89 e dal Dlgs 59/2010 che hanno subordinato lo svolgimento di questa professione a precisi requisiti. L'attività di mettere in relazione le parti può consistere nella mera indicazione del nome dell'altro contraente o nella semplice segnalazione dell'affare o può concretarsi in interventi durante le trattative finalizzate a realizzarne la conclusione, formalizzando ad esempio la sottoscrizione da parte dell'acquirente di una proposta di acquisto. Insomma, una serie di attività che comunque impegna il mediatore sin dal momento del conferimento dell'incarico. Ciò che conta è che il suo intervento abbia avuto un'efficacia determinante, così da potere senza dubbio affermare che senza di esso le parti non avrebbero concluso l'affare.
 
Il diritto del mediatore alla provvigione (articolo 1755 Codice civile) e l'obbligo di informazione previsto a suo carico (articolo 1759 Codice civile) sorgono nei confronti di tutte le parti intermediate. Per potere pretendere la provvigione, il mediatore deve essere iscritto nel registro istituito presso la Cdc (o nel Rea, nel caso di società), talché, pur in presenza di concreta attività svolta per la conclusione dell'affare, viene meno il dovere di corrisponderla (Cassazione n. 19066/06). La legge 39/89, all'articolo 6, è infatti sufficientemente rigorosa nel disporre che in difetto dell'inscrizione il mediatore non solo non matura alcun diritto, ma è addirittura tenuto a restituire le somme eventualmente percepite.
 
Fermo tale presupposto, la provvigione è dovuta quando l'affare viene concluso per effetto dell'intervento del mediatore. Attenzione però, perché il mediatore ha diritto a vedersi riconosciuta la provvigione solamente se la sua attività viene svolta in modo palese e se le parti abbiano inteso avvalersi della sua opera o del suo intervento (Cassazione n. 12390/11). Affinché possa nascere il diritto alla provvigione è dunque necessario che l'attività di mediazione sia resa nota alle parti. La mediazione, in buona sostanza, non trova neppure minima tutela qualora sia svolta in modo occulto o a sorpresa.
 
Quanto al concetto di "conclusione dell'affare", il diritto alla provvigione sorge anche quando il mediatore abbia svolto un'attività marginale, apparentemente di poco conto. Non rileva quindi (vedi quesito in pagina), che la conclusione sia avvenuta dopo la scadenza dell'incarico conferitogli, purché il mediatore abbia messo in relazione i contraenti con un'attività casualmente rilevante ai fini della conclusione del medesimo (Cassazione n. 23842/ 08). Del pari, la provvigione è dovuta anche se il contratto preliminare fra le parti è firmato a mandato scaduto e poi risolto senza che il definitivo sia mai stato sottoscritto (Cassazione n. 22273/10).